I PFI sono una delle modalità con cui: “ci prendiamo cura delle Persone, le aiutiamo a stare meglio nelle loro relazioni, e ad essere protagoniste della loro evoluzione”.

Percorsi
A differenza dell’aula, che normalmente necessita di un tempo consistente e consecutivo, i PFI accompagnano nel tempo le persone attraverso brevi sessioni di lavoro.

Formativi
L’obiettivo dei PFI è, e resta, formativo, cioè mira a sviluppare quelle competenze “che appartengono alla nostra dimensione personale, che non risentono cioè del contesto nel quale ci troviamo: sociale, familiare, professionale, né del mestiere che facciamo o del peso specifico che abbiamo nella nostra organizzazione”.

I PFI non si occupano di indagare, spiegare, interpretare, ecc. né utilizzano strumenti tipici dell’attività psicologica e psicoterapeutica, essendo, infatti, una cosa differente…

Individuali
I PFI si realizzano all’interno di una relazione a 2: Cliente e Consulente.

Com’è noto il gruppo è un formidabile agente di apprendimento per le Persone, cionondimeno, vi sono alcuni momenti del proprio lavoro formativo dove è meglio avere uno spazio dedicato, dove gli altri sarebbero un peso (se non addirittura un impedimento), e siccome “in natura” sono disponibili setting differenti, evolve da molti anni utilizza anche questo “setting a 2”.

Relazione d’aiuto

evolve aiuta le Persone a darsi un progetto evolutivo ma anche a superare uno stato di difficoltà, ad affrontare un momento problematico e faticoso. In genere la vita ci sovrappone questi livelli…

È vero che quando chiediamo aiuto è perché sentiamo il nostro “patrimonio di risorse” inferiore a quanto ci sembra necessario.

Ne abbiamo certezza quando le richieste dei nostri contesti hanno già forzato la nostra dimensione personale e ne paghiamo il prezzo in termini di insuccesso o di eccessivo costo per il risultato conseguito.
Altre volte invece è un’ipotesi: quando di fronte ad un pezzo di strada importante da compiere sentiamo che, “così come sto, mi sa che non ce la faccio…”.

Posso chiedere aiuto?

Non è vero, invece, che ogni volta che sentiamo di “non averne”, chiediamo aiuto.

Dobbiamo “ringraziare” la cultura in cui viviamo, che non premia chi mostra le proprie difficoltà, anzi idealizza “gli uomini che non devono chiedere mai”.
Ogni segno di cedimento, anche momentaneo, è vissuto come predittivo di un’esclusione: “1 su 1.000 ce la fa” (spesso anche di meno…) e “se ti gira un po’ la testa non puoi stare su questa giostra”.

Questi modelli sciagurati non aiutano a considerare normale la difficoltà, la crisi, la possibilità di non farcela, la paura di non farcela, il dubbio, l’incertezza…
Spesso le Persone, considerando “non-normale” ciò che sentono, anziché chiedere aiuto, cercano di zittire il sintomo (il più delle volte è una risposta corporea che ci dice che qualcosa non sta andando come dovrebbe).

Normalità

I PFI sono un’esperienza che ha come oggetto la normalità, la quotidianità.

Le difficoltà che sentiamo non sono l’indicatore della nostra “difettosità” ma il segno che la vita è una ricerca incessante di punti di equilibrio, continuamente persi e ritrovati.

Il Consulente, con le sue competenze (umane e metodologiche), è in grado di fornire l’appoggio necessario a chi gli chiede aiuto per affrontare, con i propri tempi e disponibilità, i propri progetti e le proprie, normali, difficoltà.

Ho chiesto aiuto ma guido io!

I PFI sono progetti ad “adesione volontaria”: anche quando viene proposto dall’organizzazione, è la Persona/Cliente che decide se e quando aderire al progetto.

I PFI non sono una delega in bianco a qualcuno che ne sa più di me, bensì una richiesta ad una Persona che può aiutarmi: ma l’esperto di me stesso sono io!

Privacy e segreto professionale

È irrilevante chi paga! Il progetto è sempre e comunque del Cliente!
Nulla, di ciò che accade all’interno delle sessioni di lavoro, esce a cura del Consulente.
È il Cliente a decidere se, come e a chi dare visibilità del proprio percorso.

Competenze personali

Per definire i PFI abbiamo bisogno prima di convenzionare brevemente il concetto di competenza.

La competenza consiste nel far ricorso, mobilizzare, assemblare, ecc. un insieme di risorse: quelle che concorrono a produrre (e riprodurre) un comportamento efficace: capace di ottenere un risultato atteso.

Vediamo quali sono queste risorse, secondo una sequenza “classica”.

Capire cosa/come

Per agire un comportamento serve il savoir e il savoir faire.
È evidente che se non sappiamo cosa va fatto e come va fatto, difficilmente lo faremo.
È altrettanto evidente che conoscere il “cosa” e il “come” non è sufficiente per farlo, né per farlo efficacemente.

Comprendere il contesto

Vi è una 2a risorsa, che riguarda il nostro contesto.
Il comportamento va agito in un tempo e in uno spazio definito, è decisivo quindi comprendere:

  • dove ci troviamo
  • chi sono le persone coinvolte: con chi dovremo fare o a chi dovremo farlo
  • quanto dovremo fare: con quale misura, per quanto tempo
  • quando lo dovremo fare: in quale momento

Dobbiamo comprendere le richieste dei nostri contesti, cioè quali caratteristiche ha la situazione che ci chiede di manifestare la nostra competenza.

Esplorare i nostri perché

Infine, abbiamo una 3a risorsa: noi.
Il nostro patrimonio di emozioni, bisogni, motivazioni, valori, principi, i significati che attribuiamo alle cose, i criteri che usiamo per farlo, ecc.
Insomma, tutto ciò che ci permette di dare senso a ciò che esperiamo e che ci aiuta a trovare i nostri perché.

Ora se volete approfondire chiedete un incontro “free”. Anche online.